Virginia Salles, psicoterapeuta - Roma.

IL MARTELLO DELLE STREGHE

Virginia Salles, Roma

 

Fuggi da quanto ha già forma agli aperti reami delle forme possibili

(Goethe)                                                                  

Io sono ciò che fu, che è e che sarà; ancora nessun mortale sollevò il mio velo

(Motto di Iside)                                                                  

 

Il martello delle streghe

Nel 1484 il papa Innocenzo VIII attraverso la bolla Summis desiderantes affectibus conferisce a due predicatori Domenicani Heinrich Institor e Jakob Sprenger (Kramer), futuri autori del Malleus maleficarum - la Bibbia dell’inquisizione conosciuta anche come “Il martello delle streghe” – l’incarico di “punire, incarcerare e correggere” le persone “infette dal crimine della perversione eretica” da svolgere con il pieno potere del Ministero dell’Inquisizione. Inizia così la caccia alle “streghe” che nel XV secolo uccise da 40 a 60 mila donne accusate di stregoneria.

Considerato da alcuni come un vero e proprio libro d’iniziazione alla pornografia, il Malleus risuona inquietante alle nostre orecchie moderne per i suoi aspetti di sconcertante attualità. La strega, “violentata e torturata dal diavolo incubo”, è anche la sua “complice” nella pratica delle “sporcizie carnali”, colpa femminile questa che sopravvive ancora oggi nei meandri più oscuri della nostra coscienza civilizzata.

La maledizione delle streghe risiede, stando agli autori domenicani, oltre che nelle loro conoscenze del mondo invisibile e del sovrannaturale, nella conoscenza del corpo e delle cose di natura sessuale. La streghe sono le “puttane del diavolo” e, in quanto detentrici del fuoco della passione carnale, rappresentano una minaccia per la collettività. La sessualità e le arti magiche, delle quali la strega è sia artefice che esperta conoscitrice, sono quindi gli elementi sovvertitori della società.

Se non ci fossero le malvagità delle donne, anche senza parlare di stregoneria, il mondo rimarrebbe spoglio d’innumerevoli pericoli.1

Secondo l’Antico testamento fu per causa della prima peccatrice, Eva, e delle donne che la seguirono, che l’uomo cadde così in basso, nell’abisso oscuro del Male. È soprattutto la lussuria femminile il portale attraverso il quale si accede al diavolo come viene confermato da Heinrich e Kramer che incalzano oltre ogni immaginazione nella descrizione delle pratiche sessuali delle streghe: nessun dettaglio viene risparmiato perché niente possa sfuggire al disprezzo e alla condanna della comunità. Il Dio che emerge dalle pagine del Malleus è un Dio intollerante fino all’inverosimile verso qualsiasi forma di deviazione dall’ordine vigente; la Chiesa, innalzata al ruolo di giudice spietato, incarna il Principio Supremo della misoginia, un odio verso il mondo femminile espresso nei termini estremi del disprezzo e della degradazione della Donna in ogni sua manifestazione.

Di debole intelligenza, ciarliere, vendicative, invidiose, colleriche, volubili, smemorate, mentitrici, dai desideri insaziabili, le donne - già per il loro corpo- sono preferite per la prostituzione diabolica2

Nel Formicarium, il primo trattato demonologico di cui si ha conoscenza sull’argomento della stregoneria scritto da Johann Nider, frate domenicano tedesco, tra il 1435 ed il 1437, si racconta di una ragazza che pur dichiarandosi donna e vergine usava vestirsi con abiti maschili. Le autorità, dopo lunga discussione circa il carattere diabolico o divino dell’insolito fenomeno, decidono a favore del rogo in quanto soluzione più adeguata. È degno di nota che il titolo del libro> Formicarium derivi dalla parola “formicaio”: l’autore prende spunto dalla vita delle formiche, dalle loro abitudini ed organizzazione - che ritiene simili a quelle degli uomini e ottimo esempio per la formazione dei fedeli della Chiesa - unico vero rimedio contro il male dilagante nella vita della collettività. La comunità delle formiche innalzata ad esempio per la comunità umana è ispiratrice di quel trattamento dell’uomo sotto “regime” che non lascia spazio ad alcuna forma di individualità. L’omologazione è il mezzo più efficace per ottenere il rispetto di un ordine legale, qualsiasi esso sia. La comunità delle formiche non può quindi tollerare le donne in quanto esse incarnano l’elemento creativo e seduttivo per eccellenza (etimologicamente sedurre significa condurre fuori dal retto cammino, deviare) della natura umana. Sul frontespizio della prima edizione del Malleus c’è la scritta: le streghe portano la dissoluzione dell’ordine, perché obbedienti ad un potere invisibile.

Dalle pagine del “Martello delle streghe” emerge il sintomo di un delirio sessuale-politico-religioso attraverso il quale i suoi autori infieriscono contro i loro stessi sogni e aspirazioni più segrete proiettati in corpi femminili. È il corpo della strega, l’oggetto delle loro più inconfessabili fantasie e desideri, ad essere bruciato, corpo che incarna una intera legione di demoni: i fantasmi che assillano senza tregua il sonno degli inquisitori. Il diavolo, come le fantasie amorose degli inquisitori, è incontrollabile, insituabile, onnipresente e, nella sua pluralità di volti, costituisce nel Malleus una minaccia dilagante.

Sarà più piacevole stare con un leone o con un drago anziché abitare con la donna cattiva…3

Durante le torture che precedevano la confessione ed il rogo, le guardie dovevano vegliare costantemente le streghe affinché queste non si suicidassero nella cella, come era avvenuto molte volte per le torture subite e per quelle ancora a venire, fino al momento della “confessione”. Il tribunale ecclesiastico doveva in ogni modo riprodurre il più minuziosamente possibile, attraverso la confessione, l’episodio della violenza carnale da parte del diavolo a conferma dell’equazione tra sessualità femminile e stregoneria. Equazione che attribuisce gli “eccessi” magico-sessuali della donna all’adorazione del diavolo. La Strega- Donna che turbava l’ordine in ambito amoroso e sconvolgeva le menti degli uomini con la seduzione ed il suo potere invisibile, rispondeva a ciò che i due domenicani potevano rappresentarsi come adeguato contenitore per le loro proiezioni del Male assoluto. Bastava infatti un minimo sospetto per che ogni dubbio fosse dissolto e si procedesse, senza la minima esitazione, al “rimedio del fuoco”.

…non si può mettere in dubbio che ci siano tanti spiriti immondi quanti sono i desideri dell’uomo.4

Il rogo offriva agli spettatori lo spettacolo catartico della liberazione dal Male che dilagava nel mondo e sanciva l’estinzione della prostituzione diabolica attraverso una pirocatarsi purificatrice che poneva ritualmente fine al contenzioso tra il diavolo e il potere divino. Il “rimedio del fuoco” affermava quindi il trionfo della giustizia divina che riportava l’ordine e la salvezza attraverso la soppressione del corpo del peccato: il corpo bruciato della strega scongiurava la minaccia di corruzione apocalittica delle virtù umane incarnata nella Donna e gli inquisitori venivano così rassicurati nella loro missione di salvatori dell’umanità.

Sul rogo finivano anche quelle “ragazze corrotte” che, secondo il Malleus, avevano impudicamente copulato nella speranza di sposarsi e che successivamente venivano abbandonate dagli amanti che non mantenevano le loro promesse. Queste ragazze, secondo gli inquisitori, solitamente “…si convertivano al soccorso del diavolo e a tutte le sue sporcizie”.

…il loro volto è un vento che brucia e la loro voce è il sibilo di un serpente…. Il loro cuore è una rete, cioè imperscrutabile è la malvagità che regna nel loro cuore e… una cosa insaziabile che non dice mai basta: la bocca della vulva per cui esse si agitano con i diavoli per soddisfare la loro libidine5

I capi d’accusa nei confronti delle streghe erano numerosissimi come numerosissimi erano i presunti danni da loro perpetrati: su richiesta del diavolo le streghe rinnegavano la fede, il culto cristiano, “la donna immensa” (“la beatissima vergine”); seminavano odio ed invidia e mutavano le menti degli uomini verso un amore o un odio disordinati; scatenavano grandinate, tempeste, fulmini; praticavano sporcizie carnali con i diavoli; impedivano la potenza generativa o l’atto venereo rendendo l’uomo incapace di coito e la donna incapace di concepire (è sull’atto sessuale, attraverso il quale si diffonde il primo peccato, che la strega esercita il suo potere); potevano portare via il membro virile attraverso operazioni diaboliche o tagliare i testicoli con un rasoio; facevano ammalare l’uomo nel membro (nessuno era al sicuro dalle streghe, a parte gli uomini che portavano la cintura di castità); tramutavano gli uomini in bestie; portavano ogni genere di malattie che andavano dalla cecità e dolori acutissimi, alle convulsioni ed alla perdita dell’uso della ragione; potevano far morire per un colpo di fulmine chiunque volessero, sia uomini che animali; erano solite divorare e mangiare i bambini o ucciderli nell’utero della madre con il solo sguardo. A volte cuocevano i bambini nel fuoco e la loro preferenza andava ai bambini maschi e primogeniti; le streghe ostetriche offrivano ai diavoli i bambini appena nati.

…siccome le donne sono difettose di tutte le forze tanto dell’anima quanto del corpo, non c’è da meravigliarsi se operano molte stregonerie contro gli uomini che esse vogliono emulare.6

Il reverendo Montague Summers nella prefazione alla traduzione inglese del Malleus del 1928, così sintetizzava gli obiettivi “politici” delle streghe: l’abolizione della monarchia, della proprietà privata e del principio di eredità, del matrimonio, dell’ordine e di ogni religione. Fu contro tutto questo e dinanzi ad una cospirazione così vasta, sostiene il reverendo Summers, che l’inquisizione dovette combattere con metodi così drastici.

Le Streghe-Donne in quanto tramiti del mondo emotivo-intuitivo e quindi detentrici di un “potere invisibile”, incarnavano allora, come oggi, la quint’essenza del cambiamento: la minaccia del disordine e dell’anarchia. Sul frontespizio della prima edizione del Malleus c’era scritto: “L’amore disordinato che rischia di travolgere la società, è il primo e principale prodotto diabolico”.

L’aspetto più interessante ed allo stesso tempo inquietante del Malleus è proprio l’odio che trasuda dalle sue pagine, odio proporzionale alla Minaccia e alla Colpa femminile che aleggia ogni dove. La Colpa delle streghe è debordante, pervade il mondo intero e cade inesorabilmente anche sulle loro future discendenze. Nel Malleus viene affermato più volte che Dio punisce i figli fino alla terza e alla quarta generazione per il peccato di stregoneria.

Stregoneria, follia e delitto

Tra gli archivi ai quali attinge Michel Foucault per la stesura del suo libro Storia della follia alla ricerca di una motivazione comprensibile e coerente in nome della quale sono stati segregati gli “insensati”, fu trovata la descrizione del caso di un uomo rinchiuso in quanto “litigioso ostinato” e di un altro definito “uomo cattivissimo e cavilloso”, un “bestemmiatore” , un “gran bugiardo”, ma anche il caso di una donna di sedici anni che “dichiara ad alta voce che non amerà mai suo marito, che non c’è nessuna legge che lo ordini, che ognuno è libero di disporre del proprio cuore e del proprio corpo a suo piacimento, ma che è una specie di delitto dare l’uno senza l’altro”7. Il luogotenente al quale era stato affidato l’increscioso “caso”, un certo D’Argenson, chiamato in causa dichiara che dinanzi a tali impertinenze “…ero propenso a crederla pazza”. Siamo sulla strada di ciò che un secolo dopo, l’inizio del XIX secolo, portò il marchese de Sade "colpevole di  libertinaggio " al luogo destinato ai pazzi (Charenton, 1814) dove si lascerà morire. Ciò che verrà in seguito definito “follia morale” è una particolare forma di follia che si basa interamente su una “volontà cattiva”, su un errore etico. Follia o delitto che sia, alienazione o malvagità, dall’inizio del XVIII la diversità umana sarà trattata, secondo le circostanze, dal carcere o dall’ospedale.

Diverse sono le filosofie alla base delle differenti visioni e modalità di trattamento della “insanita”. Durante il rinascimento e nel medioevo la stregoneria, come la follia, apparteneva alla dimensione oscura e malefica della natura umana. Nei giorni attuali l’approccio filosofico alla base di ciò che oggi viene definito “malattia mentale” sembra, in un certo senso, aver sostituito quello inquisitorio. Ad un’analisi approfondita possiamo riscontrare analogie tra le attuali diagnosi di disturbo mentale e i processi per stregoneria: un comportamento considerato fuori della norma viene analizzato dall’inquisitore di allora o dal medico di oggi e giudicato deviante, abnorme e perciò pericoloso per la società in base ad una determinato concetto condiviso di “normalità”. Ciò che accomuna le streghe e i pazzi, nonostante i diversi periodi storici, è lo stigma della diversità. L’equazione: diversi = scomodi = socialmente pericolosi, ha portato inesorabilmente all’espulsione dell’individuo dal contesto sociale attraverso la morte o la segregazione.

Le streghe erano donne che oggi sarebbero state definite “single” e, come la saggia ragazza di 16 anni dell’archivio ritrovato da Foucault, non disponibili a compiere il sacrificio necessario alla regolamentazione istituzionale della propria affettività e sessualità all’interno dei ruoli tradizionalmente concessi alla donna. Erano donne che coltivavano la loro dimensione femminile nella piena libertà di celebrare la Vita e la Natura. Tale libertà in un mondo governato dalla Ragione, caratteristica archetipicamente maschile, rappresentava e rappresenta ancora oggi una minaccia all’equilibrio sociale, precario ma comunque funzionale al mantenimento dello status quo. Una società nella quale prevalgono ancora le caratteristiche patriarcali non può tollerare la libertà femminile. La minaccia incombe e prende le sembianze della strega che nell’immaginario collettivo incarna ancora oggi, in alcuni luoghi, tutte le donne: che si tratti di Medea o di Ifigenia, di Ipazia, Ildegarda di Bingen o Artemisia Gentileschi, Virginia Woolf o Franca Viola. La strega malefica assume ogni volta una differente sfaccettatura dei suoi numerosi volti.

La grande madre

In un contesto sociale dominato dal principio paterno che afferma il primato assoluto della Ragione, le “Streghe-Donne” appaiono così minacciose in quanto figlie della Grande Dea Madre dalla quale proviene l’impulso trasformativo-creativo primordiale dell’umanità. Sono loro le detentrici del potere più grande: il potere di generare la vita.

Il mistero della nascita, mistero tutto al femminile, sfugge alle regole patriarcali ed ecclesiastiche che pretendono di avere il dominio assoluto sugli individui, le prime, e sulla vita e la morte, le seconde. Nelle viscere della Terra-Donna è racchiusa l’”intenzione” del seme: è nella donna che la natura umana esprime il progetto di tutte le uova e di tutte le ghiande e indica la via che porta al di là di se stessa. “La verità è femmina” sostiene Nietzsche, ma la verità fa paura: per accedere ad essa gli uomini debbono combattere una battaglia non sempre possibile contro i loro Draghi impossibili.

La Donna, come la follia, affascina l’uomo da sempre per la sua profondità: un abisso che toglie il fiato e che fa venire le vertigini; per la sua pericolosa fecondità, per il suo disordine e il suo furore, per le sue imprevedibili possibilità. E’ sempre lei a scalfire le maschere, a svelare la rabbia oscura ed il conturbante volto della verità. La donna, come la follia, affascina perché è Sapienza. Per Gerolamo Cardano (secolo XVI) “ la saggezza come ogni altra materia preziosa, deve essere strappata alle viscere della Terra”.

Identificata con la Terra che porta frutti, la Grande Madre presiede ai misteri legati al principio ed alla fine di ogni esistenza ed è associata alla comunione, all’abbondanza ed alla fratellanza. Dai feticci delle divinità femminili ritrovati nei siti archeologici – statuine rappresentanti dee della fertilità con gli organi procreativi esageratamente accentuati - alcuni studiosi ritengono probabile che le prime vittime sacrificali nei riti della fertilità siano state donne, la cui penetrazione archetipicamente associata all'aratura del suolo fa emergere dalla Terra la vita del seme. Dal sacrificio e dal seppellimento del corpo della donna, attraverso la simbologia rituale, potrebbe nascere quindi un abbondante e nutriente raccolto ed un tempo di pace. Fu così che successivamente, secondo l’antropologo francese René Girard8, 1la donna come datrice di vita venisse associata alla donna come vittima sacrificale. Il maschio che penetrava il corpo della vittima (femminile) con la lama sacrificale acquisiva così lo status di “sacro carnefice” o di Sacerdote. La fertilità della terra veniva associata quindi al sacrificio e l'atto sessuale potrebbe essersi trasformato così, negli oscuri meandri dell’inconscio collettivo, in un rito sacrificale.

Nell’inconscio vi sono potenze naturali, complessi e oscuri desideri, forze sconosciute, archetipi, passioni… così come nel mito esistono spiriti, demoni, divinità, angeli etc, sia maschili che femminili. La natura, la vita e la psiche stessa sono sempre state esperite come Femminile. Un Femminile che dà e accoglie la vita, che riscalda e nutre, come ci descrive magistralmente Erich Neumann, contiene in sé anche il suo contrario: morte, sacrificio, distruzione; così come le insidie della fame, lo stato di vulnerabilità e di bisogno vengono vissuti come una sorta di caduta nel grembo oscuro della Madre terribile.

Il grembo della terra si trasforma nelle fauci divoranti e mortali del mondo sotterraneo, e accanto all’utero da fecondare e alla cavità protettiva della terra e della montagna si spalancano l’abisso e la caverna, l’oscura cavità profonda, l’utero divorante della tomba e della morte, dell’oscurità priva della luce e del nulla…9

L’inconscio da cui la coscienza trae origine, nel corso della storia umana e dello sviluppo individuale viene esperito in relazione a questa coscienza come materno-femminile. Tutti i contenuti inconsci appaiono quindi dal punto di vista simbolico come Femminili, mentre la controparte Maschile della psiche si identifica specificamente con la coscienza e con il suo sviluppo che si manifesta anch’esso come maschile e viene sperimentato come tale. Ne consegue una relazione dialettica tra la coscienza e l’inconscio che assume la forma simbolica di una contrapposizione tra il femminile materno ed il maschile-infantile rappresentato nel mito attraverso la lotta archetipica dell’Eroe contro la Grande Madre. La forza crescente del Maschile corrisponde perciò, secondo Neumann, alla forza crescente della coscienza all’interno della evoluzione dell’umanità.

Johann Jakob Bachofen, nel suo controverso saggio Il matriarcato 10, ha riconosciuto nei miti le figure rappresentative del diritto materno e di quello paterno e descritto i loro rapporti e le loro lotte per il potere. Per Bachofen il matriarcato fu la prima forma di società umana: l'umanità si sarebbe sviluppata da una fase primordiale di promiscuità sessuale ad uno stadio evolutivo durante il quale il potere sarebbe appartenuto alle donne anziché agli uomini. Bachofen esalta poeticamente questa fase matriarcale da lui considerata una stadio evolutivo di grande elevazione morale improntata sulla pace, stabilità e serenità. Successivamente, secondo lo studioso svizzero, questa fase fu soppiantata dal patriarcato, una forma di società contrassegnata dalla vittoria del diritto maschile o «paterno». L'attacco di Bachofen alla famiglia patriarcale gli valsero le critiche da parte dei suoi contemporanei, ma anche il consenso e l'interesse di studiosi successivi delle più varie branche del sapere. Del matriarcato non esiste in realtà alcuna testimonianza storica al di fuori delle ipotesi avanzate da Bachofen, la cui opera resta, pur con tutti i suoi limiti, una profonda riflessione sui rapporti tra le dimensioni maschile e femminile della vita comunitaria.

L'insieme delle caratteristiche della femminilità che definiamo "principio femminile": la fertilità, l’accudimento, l’affettività, l’empatia etc…, elementi essenziali allo sviluppo della vita umana, possono costituire nello stesso tempo una minaccia culturale: quando, nel linguaggio di Neumann, “il Tempio e il mattatoio coincidono”, incombe sulla collettività la minaccia del caos e dell'indifferenziazione. In questo caso la vita stessa viene esperita come un pericolo, come la caduta nel grembo della terra affamata, descritto da Neumann come il sarcofago che divora la carne o l’ oscura dea Kali della mitologia indù: un femminile che esige sangue.

Nel linguaggio di Girard, quando in una cultura il delicato bilanciamento tra il principio maschile e quello femminile viene in qualche modo turbato, il femminile minaccia di prendere il sopravvento sulla cultura stessa e schiacciarla. Per Girard il principio femminile deve essere bilanciato da un principio maschile artificialmente esagerato, da aggressività e differenziazione per scongiurare la crisi culturale. Per la cultura il patriarcato diventa quindi un meccanismo di sopravvivenza.

L’evoluzione culturale

In Francia, durante la rivoluzione illuminista, si è arrivato persino ad affermare che “l’uomo è una macchina” e se qualcuno parlava di un dio che dimora nella interiorità umana veniva considerato “eretico”. Per realizzare questo percorso di inaridimento progressivo la cultura maschile ha represso drasticamente il mondo femminile. Ciò che è andato perduto è stata la “divina Iside” o “Sofia” (che significa conoscenza, Sapienza), processo questo che Rudolf Steiner descrive con queste parole: “quando guardiamo le stelle e vediamo i rapporti stellari solo in base a linee matematiche, rimane sepolto ciò che spiritualmente compenetra quel mondo, rimane uccisa la divina “Sofia” che è succeduta a Iside… per l’uomo moderno le stelle si muovono secondo necessità amorali e soltanto meccaniche… non è possibile collegare al loro moto nulla del senso morale esistente nell’ordine universale”11.

Evoluzione culturale, fino ai tempi attuali, ha significato separazione dalla Natura. La Dea Madre fu gradualmente allontanata, “scacciata via”, bandita dalla civiltà. I risultati di questo lento processo di alienazione umana dalle proprie radici vitali appaiono oggi molto chiaramente dinanzi ai nostri occhi, nel mondo contemporaneo, come una crisi collettiva, prevalentemente maschile.

I cicli evolutivi dell’umanità non cessano mai di susseguirsi ed ora scopriamo che dall’inconscio profondo la Dea riemerge: nei sogni dell’uomo moderno, nell’immaginazione, nei più arditi desideri così come nella riscoperta del corpo e nel riconoscimento della intelligenza immanente della Natura, nel crescente interesse per l’ecologia, per la psicologia del profondo, le filosofie orientali e le discipline esoteriche. La passione più profonda dello spirito occidentale sembra essere attualmente quella di ripristinare l’antica frattura e ricollegarsi con il femminile interiore.

Steiner ci invita a cercare l’Iside perduta nel mondo delle immagini, di quelle immagini ancora vive, attraverso le quali l’interiorità umana, oggi “solo arida matematica e geometria”, può rinascere e intensificarsi nell’immaginazione. Da questo campo di cadaveri, sostiene il padre dell’antroposofia, possiamo ancora risvegliare Iside: “l’immaginazione vivente, del tutto vivente, vale a dire compenetrata di luce”.

Una stanza tutta per sé

Nel suo libro “Una stanza tutta per sé”, tratto da una conferenza sul tema “le donne e la scrittura”, Virginia Woolf sostiene che la creatività femminile è ostacolata dalla rabbia e dall’indignazione delle donne verso un mondo che non concede loro espressione, rabbia e indignazione che fanno barcollare la loro immaginazione creativa.

Una donna, per attingere alla propria forza creativa, secondo la Woolf, deve superare l’odio, l’amarezza, la paura, la ribellione… e raggiungere quello che l’autrice definisce “l’integrità” di un scrittore: quella convinzione che ciò che si scrive e che si comunica al lettore sia la verità, una verità purificata da rancori e risentimenti personali. Compito difficile per una donna dell’epoca della Woolf, epoca nella quale “le donne non avevano mai una mezz’ora che potessero chiamare propria”, né “500 sterline al mese”, e nemmeno “una stanza tutta per sé”12.

Secondo il “Newsweek” (settembre, 2011) l’Italia si trova al 59° posto nella classifica mondiale delle nazioni dove è meglio “nascere femmine” tra l’Uzbekistan e la Russia. In questa classifica l’Italia arriva persino dopo la Moldavia, conosciuta per la tratta di giovani prostitute e la Cina, tristemente famosa per il suo sterminio di neonate femmine. Mi viene in mente la lugubre sequenza di nomi femminili, date funebri e grado di parentela dei maschi loro assassini, esposte sul muro della “Casa della Donna” a Trastevere, Roma. L’Italia è davvero un paese dove la libertà femminile non è ancora contemplata? Domanda questa di difficile risposta in quanto in relazione alle donne, nonostante l’evidente evoluzione del pensiero e le conquiste del movimento femminista, la definizione dei ruoli e il trattamento in ambito lavorativo e istituzionale risentono ancora di imprecisioni e ambiguità. Ambiguità che affonda le radici in una tradizione filosofico-religiosa che, non a caso, ha prodotto il Malleus, le cui ecco risuonano ancora oggi, nel nostro mondo civilizzato, nei luoghi più impensabili.

La dottrina femminista sottolinea l’aspetto intrinsecamente violento della nostra società definita patriarcale, violenza che ostacola la libertà di espressione femminile, la pace e l’armonia tra gli uomini e ci ricorda che aggressività e competitività non sono necessariamente le uniche modalità di interazione umana. La famosa frase latina di origine medioevale Mors tua vita mea è rappresentativa dell’atteggiamento maschile che domina incontrastato nel mondo moderno: “la mia vittoria equivale alla tua sconfitta e solo uno di noi, il vincitore, potrà sopravvivere”. Lo stile relazionale delle donne, più solidale rispetto a quello maschile, tende a cancellare confini e differenze ed a produrre una società più equilibrata ed armonica. L’antropologa Margareth Mead esprime nella frase: “Vita tua, vita mia” un atteggiamento opposto al motto maschile dominante, l’unico, secondo la celebre antropologa americana, che può garantire la sopravvivenza della nostra specie. Sappiamo che la solidarietà umana è una forma relazionale molto più evoluta dell'aggressività ed ancora una volta l’Anima del mondo ed il suo impulso evolutivo parlano per bocca di una donna.

Liberarci dalla fitta rete dei dettami culturali obsoleti e dei ruoli stantii rimane l’unica possibilità di accesso al desiderio nascosto> che può attivare l’energia vitale e “sguinzagliare” l'immaginazione creativa. La vera trasformazione interiore può avvenire solo in virtù di una ritrovata capacità visionaria, di quella fede nelle immagini e nel “pensiero del cuore” che porta al risveglio di “Iside-Sofia” e alla ri-animazione del mondo.


Note

1 H. Institor (Krämer), J.Sprenger, Il Martello delle streghe, Spirale, Milano, 2006, p. 56

2 H. Institor (Krämer), J.Sprenger, Il Martello delle streghe, Spirale, Milano, 2006, p. 13

3 Ibidem p. 89.

4 H. Institor (Krämer), J.Sprenger, Il Martello delle streghe, Spirale, Milano, 2006, p. 194

5 Ibidem, p. 95

6 Ibidem, p. 65

7 M. Faulcoult, Storia della follia nell’età classica, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2004, p. 138

8 R. Girard, Anoressia e desiderio mimetico, Edizioni Lindau, Torino, 2009

9 E. Neumann, la grande madre, Casa editrice Astrolabio, Roma, 1981, p. 153

10 J. J. Bachofen, Il matriarcato, Giulio Einaudi editore, Torino, 1988

11 Steiner, la ricerca della nuova Iside, la divina Sofia, Editrice Antroposofica, Milano, 1997, p. 14

12 V. Woolf, Una stanza tutta per sé, Tascabili economici Newton, Milano, 1993, p. 64